venerdì 31 maggio 2013
Il coraggio di desiderare
È fiorito il calicanto, è fiorita la magnolia e dopo il ciliegio. Sono fiorite ad una ad una tutte le siepi di gelsomino della città; la pioggia continua a cadere e ne scioglie il profumo per le strade.
Ho fumato la mia ultima sigaretta l'altra sera. Dici Non hai mai fumato, dico Le metafore, dimentichi sempre le metafore.
Non so come farò senza, pensavo guardando il filtro sporco di tutto quel rossetto sprecato. Le altre volte sono state un disastro. Anche ora, ma adesso tu non taci; ora mi accarezzi come se avessi una pelliccia morbida e mi preghi di avere il coraggio, anche per te, di desiderare.
Dimenticherò il suo odore quando si avvicina alla bocca e andrò in giro per le strade a cercare il profumo del prossimo fiore.
Viviamo di dipendenze finché non ne moriamo.
E poi finisce che si muore comunque.
Ma liberi.
Non posso contraddirti. La notte si fa fredda, ma tra poco fioriscono i papaveri, fioriranno i cactus e ancora, meravigliose, le ultime rose.
mercoledì 29 maggio 2013
La torre
Un tempo scrivevo di tarocchi. La torre, ecco, della torre non mi pare di aver mai scritto. Vertigine e sepoltura, botta e caduta, chi butteresti dalla torre?, l'Irpinia, il Carso, il turista cinese che la regge con il braccio, il film a cui ti sei addormentato, il libro che era meglio, molto meglio.
Si parlava di torri, oggi, come se le scelte fossero tutte drastiche e le opzioni semplici, finite. Si parlava di sesso e amore: scegli tu, uno dei due per sempre. Sembra orribile. Invece no, non è orribile per niente. La cosa difficile delle scelte è scegliere. Se una scelta è per sempre, se le opzioni si escludono a vicenda, allora dove sta la difficoltà? Basta scegliere.
La cosa che spaventa della torre non è cadere, è decidere di buttarsi. E' il timore di perdere le opzioni che ci imprigiona. Solo che una volta fatta la scelta, perdiamo un'opzione, ma ne creiamo infinite altre. E' questo l'insegnamento della torre: se salti non perdi, se salti crei.
Si parlava di torri, oggi, come se le scelte fossero tutte drastiche e le opzioni semplici, finite. Si parlava di sesso e amore: scegli tu, uno dei due per sempre. Sembra orribile. Invece no, non è orribile per niente. La cosa difficile delle scelte è scegliere. Se una scelta è per sempre, se le opzioni si escludono a vicenda, allora dove sta la difficoltà? Basta scegliere.
La cosa che spaventa della torre non è cadere, è decidere di buttarsi. E' il timore di perdere le opzioni che ci imprigiona. Solo che una volta fatta la scelta, perdiamo un'opzione, ma ne creiamo infinite altre. E' questo l'insegnamento della torre: se salti non perdi, se salti crei.
Insomma, Misery deve morire.
venerdì 24 maggio 2013
Love will
Non scrivo da un po' e infatti sono di pessimo umore. Oppure sono di pessimo umore perché non scrivo da un po'. Qualche giorno fa era l'anniversario della morte di Ian Curtis. Ho ritrovato questo, deprimente quanto basta per non sentirsi scollegati dal tempo. Metto l'inizio, chi ha voglia di leggere il resto, può chiedermelo sulla mia pagina Facebook.
Love will tear us apart
Il 18 maggio 1980 muore il cantante dei Joy Division. È un suicidio, Ian ha 23 anni. Lascia moglie, Debbie, una figlia e un’amante.
“Nat, lascia in pace quel cane. Nat, vieni, su”.
La bambina ha circa sei anni. Gli occhi di suo padre, i capelli della mamma, ma lisci. Nathalie è una bambina serena, alla fine di agosto inizierà la scuola, ma per ora non si fa troppe domande: guarda il mondo, gioca con i suoi colori e i suoi versi. Debbie pensa che, grazie a dio, questo è un buon segno. Troppa introspezione è un rischio. Troppa solitudine un danno. Non pensa troppo, continua il cruciverba. Aspettano David, passerà a prenderle per portarle a mangiare un hamburger e poi casa, nanna. Un buon segno.
“Hai una bambina molto bella”.
La sconosciuta ha una sciarpa viola. Il suo colore preferito. I capelli lunghi, un po’ troppo per essere alla moda. Un cappellino, un basco, colorato. È giugno, ma sente freddo e sotto porta solo un vestito di mussola e una maglietta presa un paio di anni prima durante una vacanza a New York.
“Oh, sì, è adorabile”.
“Vedo che le piacciono gli animali”.
“Sì, vorrebbe un cane, ma gli animali hanno bisogno di cure e lei è ancora piccola”.
Debbie non si volta. La sconosciuta non ha un accento del posto, ma non saprebbe dire di dove sia, anche se le vocali appena accennate e una tonalità che cresce sempre alla fine della frase le ricordano qualcosa. Continua a tenere d’occhio Nat, mentre la sconosciuta le si siede di fianco.
“Inizierà la scuola quest’anno, vero?”.
“Sì. Andrà alla Saint Marie, è vicina a casa ed è una scuola piuttosto buona, ma quando sarà più grande vorrei che andasse a Manchester. O a Londra, chissà”.
Osserva solo un po’ i ricami del vestito leggero, e la sciarpa di cotone che le ricade sulle cosce. Appoggiata, una borsa di cuoio, sembra costosa: strana donna. Deve essere nuova, pensa Debbie, forse la moglie di uno di quei dirigenti assunti da poco alla Carson.
“Lei è nuova di qui?”.
“Di passaggio”.
(continua)
venerdì 17 maggio 2013
Venerdì 17 (The best of Thank God it's Friday!)
Questo è un vero Amarcord. Chissà quando era. Tipo il 2009? Sì, tipo. Aspettavamo il venerdì non per l'inizio del weekend, ma per la raccolta dei momenti divertenti della settimana. A molti sembreranno proprio senza senso, ma ci sono due tre persone a cui so faranno scappare anche una lacrimuccia.
Ragazzi, thank God it's Friday!
- Udio, questo è un vicolo cieco
- Si sarà fatto troppe seghe.
Tristezza, per favore vai via
- Ma a voi capita che di punto in bianco... così, senza motivo apparente...
- Di venire?
- No! che d'improvviso vi viene su una tristezza infinita, come da sentirsi zuppi di tristezza?
- Mmm... no, di solito io ho sempre un sacco di buoni motivi per essere triste.
Rivoluzioni ideologiche
- Lo so, lo so sembro un libro di Jane Austen.
- Con lui che ti segue in terrazza sembra più un film anni '50.
- Già qualcosa: vuol dire che mi mancano solo 20 anni alla rivoluzione sessuale.
The ugly truth
- Oh comunque oggi non passa un cazzo.
- Nel senso del tempo, eh!
Verità incontestabili
- Qualunque obiettivo fosse, l'abbiamo raggiunto.
E' un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo- Quindi dobbiamo chiamare per chiedere se l'acqua calda è calda?
- Esattamente.
...
- Ma poi hai chiamato?
- Sì.
- E quindi?
- L'acqua calda è calda.
giovedì 16 maggio 2013
Responsabilità
Non si parla più tanto di responsabilità. Ce n'era già poca in giro e quella che c'era se la sono già presa tutta. Vedremo cosa se ne faranno, il nonno e i ragazzi in gita in Toscana.
A me, nel frattempo, sono cadute un po' le olive. Con tutto il rispetto, che comunque è poco, mi hanno stufato: è che è sempre la stessa storia e da qualche anno ormai ho capito che se guardi una puntata de Il Tenente Colombo non ti puoi aspettare un finale a sorpresa. Quindi cambio canale.
Altrove non è che ci sia materiale più avvincente, ma almeno non so precisamente chi è l'assassino dopo il settimo minuto di trasmissione. Qualcuno direbbe che al settimo minuto, su quest'altro canale, non è nemmeno iniziata la sigla di testa. E allora?
Allora penso a me. Reazione normale, chiudersi nella vita privata di fronte alle delusioni della vita pubblica. Lo sta facendo anche Sara Tommasi che, come noto, è un po' il mio modello di riferimento.
Ma bando alle ciance. Si deve parlare di responsabilità, nel privato.
La novità è che me la sto prendendo. Metto trappole per gli scarafaggi e ogni mattina cerco di rimettere nell'armadio almeno una delle 3 maglie scartate di fronte allo specchio.
Poi c'è la responsabilità della propria felicità. Non so dare esempi concreti, ma fidatevi che faccio progressi anche su questa. I sentimenti, i sentimenti invece mi mancano. E' che so tenere pulita una casa, cucinare una pasta deliziosa - facciamo mangiabile; so prendermi i miei spazi, godere di me stessa, dire i miei no e i miei più tardi, ammettere che non mi sono impegnata poi tanto, ripetere qualche chi se ne frega, e sforzarmi di sussurrare un sei brava. Sì, sto diventando brava con me stessa.
Ma i sentimenti ancora mi mancano, gli altri mi mancano; la responsabilità di dire ti amo, amami, quella mi manca.
Però arriva. State collegati, tra poco arriva.
A me, nel frattempo, sono cadute un po' le olive. Con tutto il rispetto, che comunque è poco, mi hanno stufato: è che è sempre la stessa storia e da qualche anno ormai ho capito che se guardi una puntata de Il Tenente Colombo non ti puoi aspettare un finale a sorpresa. Quindi cambio canale.
Altrove non è che ci sia materiale più avvincente, ma almeno non so precisamente chi è l'assassino dopo il settimo minuto di trasmissione. Qualcuno direbbe che al settimo minuto, su quest'altro canale, non è nemmeno iniziata la sigla di testa. E allora?
Allora penso a me. Reazione normale, chiudersi nella vita privata di fronte alle delusioni della vita pubblica. Lo sta facendo anche Sara Tommasi che, come noto, è un po' il mio modello di riferimento.
Ma bando alle ciance. Si deve parlare di responsabilità, nel privato.
La novità è che me la sto prendendo. Metto trappole per gli scarafaggi e ogni mattina cerco di rimettere nell'armadio almeno una delle 3 maglie scartate di fronte allo specchio.
Poi c'è la responsabilità della propria felicità. Non so dare esempi concreti, ma fidatevi che faccio progressi anche su questa. I sentimenti, i sentimenti invece mi mancano. E' che so tenere pulita una casa, cucinare una pasta deliziosa - facciamo mangiabile; so prendermi i miei spazi, godere di me stessa, dire i miei no e i miei più tardi, ammettere che non mi sono impegnata poi tanto, ripetere qualche chi se ne frega, e sforzarmi di sussurrare un sei brava. Sì, sto diventando brava con me stessa.
Ma i sentimenti ancora mi mancano, gli altri mi mancano; la responsabilità di dire ti amo, amami, quella mi manca.
Però arriva. State collegati, tra poco arriva.
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venerdì 10 maggio 2013
Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso.
Un'altra lettera. Come mi piacciono le lettere, che narcisismo, le lettere.
(23 agosto 2010)
Ti ho scritto tempo fa. Non era un buon momento. Ora è diverso: non è cambiato nulla, ma è cambiato tutto. E' che non penso più alla destinazione. Guardo dai finestrini, mi obbligo a fermarmi nei cessi degli autogrill: faccio quel che devo in apnea e riparto. A volte dimentico di respirare anche quando c'è solo il profumo delle brioches messe a scaldare. Studio le persone in coda. Faccio degli incontri, divento amica di luoghi speciali, di compagni nuovi e ritrovati.
Ti ho chiesto un segno, allora, e non me l'hai dato, perso nel tempo, le tue ore, interstizi infiniti di ricordi. Invece stanotte è arrivato. E' di pomeriggio, studiamo, noi due, io e te, oggi. C'è anche casa tua, con le persiane spalancate su uno specchio d'argento e tuo fratello in auto che mi aspetta: deve andare a comprare un cappotto e gli hai chiesto se mi riaccompagna. Mi avvolgo in una sciarpa, perché vicino al camino fa caldo, ma fuori è già iniziato un autunno bastardo.
Pensieri di ovatta riempiono la stanza, come un odore di cannella e della legna che hai lasciato bagnare. Mi saluti con un bacio. Hai una fotocamera digitale in mano, rossa e con le orecchie di topolino: un giocattolo rubato non so dove. Ci fotografi con le facce appiccicate; io mi porto via la macchinetta e scendo le scale verso il clacson. Luca osserva il traffico delle cinque, non mi guarda mentre rido e inizia a guidare. Pensa al suo cappotto nuovo, pensa alla lana - che dovrà essere blu e liscia - e a sua moglie che lo aspetta pronta per uscire a mangiare la pizza; a vostro padre sempre più piccolo, pensa che siamo solo fantasmi, noi due, nel tuo mondo
domenica 5 maggio 2013
A proposito di scelte.
L'altra sera guardavo Grey's Anatomy. Così, tanto per non perdere confidenza con i piccoli piaceri del masochista.
A un certo punto c'è quello figo che dice a quella figa, che da settimane deve scegliere tra lui e uno ancora più figo (e più giovane, e più buono): "Senti, lui è pure più giovane e più buono. Non fare la scema, scegli lui".
Lei, ascoltate queste parole, fa la cosa che qualsiasi donna di buon senso farebbe: sceglie lui. Cioè, non lui l'altro, lui lui.
Comunque, il nocciolo della questione non è chi sceglie lei (nessuno avrebbe mai avuto dubbi al riguardo, nessuno di sesso femminile almeno): il punto è il sacrificio di lui.
Il sacrificio di lui è una delle cose che più mi fa incazzare. Ci illudiamo di amare così tanto, di conoscere così bene, di sapere meglio, di volere il giusto. Mascheriamo da atto di generosità quello che in realtà è un atto di potere. Rovesciamo l'altro da soggetto attivo in oggetto passivo di una scelta.
Avete presente quando qualcuno vi dice "E' meglio se non ci vediamo più perché non vorrei farti del male?". Quello che più vi fa imbestialire non è tanto che a voi invece andrebbe benone se questo vi facesse del male (anche, sì, il più delle volte), ma è soprattutto che non vi permette di scegliere in prima persona se rischiare di morire di crepacuore o magari di essere voi a mollarlo dopo tre quarti d'ora.
D'altra parte, come ogni atto di potere, quando scegliamo per gli altri lo facciamo semplicemente perché è il solo modo che abbiamo per reagire alla nostra fragilità, nascondere la nostra debolezza dietro al riconoscimento esplicito della debolezza dell'altro (vera o presunta che sia).
Insomma, la vera questione non è tanto che scegliamo per gli altri perché ci illudiamo di sapere meglio che cosa è bene per loro. La vera questione è che scegliamo per gli altri perché non abbiamo il coraggio di scegliere per noi stessi.
A un certo punto c'è quello figo che dice a quella figa, che da settimane deve scegliere tra lui e uno ancora più figo (e più giovane, e più buono): "Senti, lui è pure più giovane e più buono. Non fare la scema, scegli lui".
Lei, ascoltate queste parole, fa la cosa che qualsiasi donna di buon senso farebbe: sceglie lui. Cioè, non lui l'altro, lui lui.
Comunque, il nocciolo della questione non è chi sceglie lei (nessuno avrebbe mai avuto dubbi al riguardo, nessuno di sesso femminile almeno): il punto è il sacrificio di lui.
Il sacrificio di lui è una delle cose che più mi fa incazzare. Ci illudiamo di amare così tanto, di conoscere così bene, di sapere meglio, di volere il giusto. Mascheriamo da atto di generosità quello che in realtà è un atto di potere. Rovesciamo l'altro da soggetto attivo in oggetto passivo di una scelta.
Avete presente quando qualcuno vi dice "E' meglio se non ci vediamo più perché non vorrei farti del male?". Quello che più vi fa imbestialire non è tanto che a voi invece andrebbe benone se questo vi facesse del male (anche, sì, il più delle volte), ma è soprattutto che non vi permette di scegliere in prima persona se rischiare di morire di crepacuore o magari di essere voi a mollarlo dopo tre quarti d'ora.
D'altra parte, come ogni atto di potere, quando scegliamo per gli altri lo facciamo semplicemente perché è il solo modo che abbiamo per reagire alla nostra fragilità, nascondere la nostra debolezza dietro al riconoscimento esplicito della debolezza dell'altro (vera o presunta che sia).
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venerdì 3 maggio 2013
Complimenti.
Il ginecologo mi ha detto che ho un bell'utero. L'insegnante di yoga che ho una bella schiena.
Ma i bei tempi andati, quando gli uomini galanti ti facevano i complimenti per gli occhi e per le tette?
Ma i bei tempi andati, quando gli uomini galanti ti facevano i complimenti per gli occhi e per le tette?
giovedì 2 maggio 2013
La fantasia degli altri.
Non è che mi piaccia tanto, ancora, questo post della fine del 2009. Però è in tema con la faccenda della fantasia (sembrava passato più tempo, tra l'altro, da quando per gli status e i tweet si usava la terza persona).
![]() |
Un paio di giorni fa ho aggiornato il mio status su Facebook con una frase che suonava più o meno così: "Sente odori che non ci sono, ascolta le cicale e canta solo muovendo la bocca". In terza persona, perché ormai tra aggiornamenti di status e tweet, parlare di sé è diventato parlare di altro.
Ci guardiamo e ci comunichiamo, come se non fossimo noi. Ci raccontiamo vivere; virtualizzandoci, diventiamo oggetti di osservazione per noi stessi e di intrattenimento per gli altri.
Non che ci sia del male, almeno finché non ci ritroviamo dal salumiere a dire "Lely vuole due etti di Parmacotto, per cortesia" o in metro "Mi scusi, potrebbe lasciare passare Lely? Scende alla prossima fermata, sa, e con tutta questa folla...".
Personalmente, mi è già capitato di rispondere a una domanda con un: "Già, Lely non si sente affatto bene :-(". Ho mimato anche l'emoticon, ma finché si è tra amici, tutto vale.
Ma questa è un'altra storia. Dicevo dello status.
Le reazioni dei miei amici sono state stupite, ma decisamente pragmatiche: colpiti da una descrizione di eventi, almeno apparentemente, piuttosto surreali, han subito preso a chiedermi il contatto del mio fornitore di sostanze illegali. Contatto che non ho passato e non perché le fonti, quelle buone, sono sempre segrete, ma perché non esiste.
Quella stramba frase era solo una descrizione pedissequa di alcune azioni o sensazioni sentite nel corso della giornata.
Sensazione numero 1. Di notte il mio frigorigero vuoto frinisce come una cicala. E' piacevole, mi ricorda la mia vacanza in Croazia nel 2001: c'erano cicale ovunque e riposare non era tanto una questione di adattarsi ai sassi a punta degli scogli, ma piuttosto di resistere alla tentazione di scovare melodie conosciute nascoste nel ritmico cri-cri.
Percezione numero 2 (o 1 bis). Rientrando in casa nel tardo pomeriggio ho sentito un forte odore di fritto. Cotoletta, credo. Non fastidioso: fritto buono di cucina con olio d'oliva. A meno che il microonde abbia imparato da solo a friggere fettine di vitello in mia assenza, l'odore non poteva che essere risultato di una fame non saziata con l'insalata ingurgitata in ufficio. O, certo, degli esperimenti culinari del ristorante sotto casa.
Azione numero 3 (cioè 1). Non resisto a non cantare quando ascolto una canzone che mi piace. Siccome sono timida, certo, mi limito al playback. E a osservare le facce sconcertate dei pendolari che mi incrociano nel sottopasso della stazione.
Tutto spiegato, insomma: realismo estremo, anche se un po' ermetico. Non ho lavorato, non troppo, non in questa occasione, di fantasia.
E per una volta sono io a godermi gli effetti che la fantasia altrui ottiene lavorando su semplici descrizioni iper realiste.
E non insistete, il numero non ve lo do.
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