Un'altra lettera. Come mi piacciono le lettere, che narcisismo, le lettere.
(23 agosto 2010)
Ti ho scritto tempo fa. Non era un buon momento. Ora è diverso: non è cambiato nulla, ma è cambiato tutto. E' che non penso più alla destinazione. Guardo dai finestrini, mi obbligo a fermarmi nei cessi degli autogrill: faccio quel che devo in apnea e riparto. A volte dimentico di respirare anche quando c'è solo il profumo delle brioches messe a scaldare. Studio le persone in coda. Faccio degli incontri, divento amica di luoghi speciali, di compagni nuovi e ritrovati.
Ti ho chiesto un segno, allora, e non me l'hai dato, perso nel tempo, le tue ore, interstizi infiniti di ricordi. Invece stanotte è arrivato. E' di pomeriggio, studiamo, noi due, io e te, oggi. C'è anche casa tua, con le persiane spalancate su uno specchio d'argento e tuo fratello in auto che mi aspetta: deve andare a comprare un cappotto e gli hai chiesto se mi riaccompagna. Mi avvolgo in una sciarpa, perché vicino al camino fa caldo, ma fuori è già iniziato un autunno bastardo.
Pensieri di ovatta riempiono la stanza, come un odore di cannella e della legna che hai lasciato bagnare. Mi saluti con un bacio. Hai una fotocamera digitale in mano, rossa e con le orecchie di topolino: un giocattolo rubato non so dove. Ci fotografi con le facce appiccicate; io mi porto via la macchinetta e scendo le scale verso il clacson. Luca osserva il traffico delle cinque, non mi guarda mentre rido e inizia a guidare. Pensa al suo cappotto nuovo, pensa alla lana - che dovrà essere blu e liscia - e a sua moglie che lo aspetta pronta per uscire a mangiare la pizza; a vostro padre sempre più piccolo, pensa che siamo solo fantasmi, noi due, nel tuo mondo


Nessun commento:
Posta un commento