venerdì 10 maggio 2013

Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso.


Un'altra lettera. Come mi piacciono le lettere, che narcisismo, le lettere.
(23 agosto 2010) 


Ti ho scritto tempo fa. Non era un buon momento. Ora è diverso: non è cambiato nulla, ma è cambiato tutto. E' che non penso più alla destinazione. Guardo dai finestrini, mi obbligo a fermarmi nei cessi degli autogrill: faccio quel che devo in apnea e riparto. A volte dimentico di respirare anche quando c'è solo il profumo delle brioches messe a scaldare. Studio le persone in coda. Faccio degli incontri, divento amica di luoghi speciali, di compagni nuovi e ritrovati.
Ti ho chiesto un segno, allora, e non me l'hai dato, perso nel tempo, le tue ore, interstizi infiniti di ricordi. Invece stanotte è arrivato. E' di pomeriggio, studiamo, noi due, io e te, oggi. C'è anche casa tua, con le persiane spalancate su uno specchio d'argento e tuo fratello in auto che mi aspetta: deve andare a comprare un cappotto e gli hai chiesto se mi riaccompagna. Mi avvolgo in una sciarpa, perché vicino al camino fa caldo, ma fuori è già iniziato un autunno bastardo.
Pensieri di ovatta riempiono la stanza, come un odore di cannella e della legna che hai lasciato bagnare. Mi saluti con un bacio. Hai una fotocamera digitale in mano, rossa e con le orecchie di topolino: un giocattolo rubato non so dove. Ci fotografi con le facce appiccicate; io mi porto via la macchinetta e scendo le scale verso il clacson. Luca osserva il traffico delle cinque, non mi guarda mentre rido e inizia a guidare. Pensa al suo cappotto nuovo, pensa alla lana - che dovrà essere blu e liscia - e a sua moglie che lo aspetta pronta per uscire a mangiare la pizza; a vostro padre sempre più piccolo, pensa che siamo solo fantasmi, noi due, nel tuo mondo

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