Non è che mi piaccia tanto, ancora, questo post della fine del 2009. Però è in tema con la faccenda della fantasia (sembrava passato più tempo, tra l'altro, da quando per gli status e i tweet si usava la terza persona).
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Un paio di giorni fa ho aggiornato il mio status su Facebook con una frase che suonava più o meno così: "Sente odori che non ci sono, ascolta le cicale e canta solo muovendo la bocca". In terza persona, perché ormai tra aggiornamenti di status e tweet, parlare di sé è diventato parlare di altro.
Ci guardiamo e ci comunichiamo, come se non fossimo noi. Ci raccontiamo vivere; virtualizzandoci, diventiamo oggetti di osservazione per noi stessi e di intrattenimento per gli altri.
Non che ci sia del male, almeno finché non ci ritroviamo dal salumiere a dire "Lely vuole due etti di Parmacotto, per cortesia" o in metro "Mi scusi, potrebbe lasciare passare Lely? Scende alla prossima fermata, sa, e con tutta questa folla...".
Personalmente, mi è già capitato di rispondere a una domanda con un: "Già, Lely non si sente affatto bene :-(". Ho mimato anche l'emoticon, ma finché si è tra amici, tutto vale.
Ma questa è un'altra storia. Dicevo dello status.
Le reazioni dei miei amici sono state stupite, ma decisamente pragmatiche: colpiti da una descrizione di eventi, almeno apparentemente, piuttosto surreali, han subito preso a chiedermi il contatto del mio fornitore di sostanze illegali. Contatto che non ho passato e non perché le fonti, quelle buone, sono sempre segrete, ma perché non esiste.
Quella stramba frase era solo una descrizione pedissequa di alcune azioni o sensazioni sentite nel corso della giornata.
Sensazione numero 1. Di notte il mio frigorigero vuoto frinisce come una cicala. E' piacevole, mi ricorda la mia vacanza in Croazia nel 2001: c'erano cicale ovunque e riposare non era tanto una questione di adattarsi ai sassi a punta degli scogli, ma piuttosto di resistere alla tentazione di scovare melodie conosciute nascoste nel ritmico cri-cri.
Percezione numero 2 (o 1 bis). Rientrando in casa nel tardo pomeriggio ho sentito un forte odore di fritto. Cotoletta, credo. Non fastidioso: fritto buono di cucina con olio d'oliva. A meno che il microonde abbia imparato da solo a friggere fettine di vitello in mia assenza, l'odore non poteva che essere risultato di una fame non saziata con l'insalata ingurgitata in ufficio. O, certo, degli esperimenti culinari del ristorante sotto casa.
Azione numero 3 (cioè 1). Non resisto a non cantare quando ascolto una canzone che mi piace. Siccome sono timida, certo, mi limito al playback. E a osservare le facce sconcertate dei pendolari che mi incrociano nel sottopasso della stazione.
Tutto spiegato, insomma: realismo estremo, anche se un po' ermetico. Non ho lavorato, non troppo, non in questa occasione, di fantasia.
E per una volta sono io a godermi gli effetti che la fantasia altrui ottiene lavorando su semplici descrizioni iper realiste.
E non insistete, il numero non ve lo do.


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