Ho già parlato dei problemi relazionali che possono nascere da una fervida immaginazione.
E' qualcosa di simile. Sono storie latenti. Stanno lì, pronte a impossessarsi dei miei pensieri nel momento in cui un fattore scatenante si presenta davanti ai miei occhi, o alle orecchie, e li stuzzica.
Come quella coppia sul tram, il giorno in cui dovevo prendere le cuffiette da Saturn. Lei aveva un volto molto giovane, lui un cappello da giovane. Ricordava un Ministro dell'Istruzione, lei, con certi occhiali e un foulard, e aveva denti brutti dai quali non riuscivo a staccare lo sguardo. Lui sembrava di ritorno da Ibiza, con la barba di due giorni e la caparbietà di chi è troppo vecchio per certe cose, ma ancora regge. Discutevano sulla fermata alla quale scendere, la fermata di un ospedale o di una casa elegante, la fermata di una zia che sta poco bene (dovresti sopportarla, invece, perché sono il suo preferito e quando se ne andrà, ci lascerà tutto e allora non sta bene che non ti piaccia, adesso, perché poi vedrai come ti piaceranno i suoi soldi), una sorella che ha partorito (ah, ma poverina, il marito l'ha lasciata al quarto mese per una ballerina di tango e il figlio, alla fine, lo chiamerà comunque Paquito); la fermata per il compleanno di un bambino, un negozio di collezionismo, o solo un ultimo treno (allora parti, amore, vai, vedrai che starai bene; a Rocky ci penso io, tu vai, stai bene, amore).Funziona proprio così. Le storie prendono vita negli oggetti che vedo e diventano rumore assordante che rende inutile l'acquisto di cuffiette per ascoltare musica. Diventano forti come il tuono che adesso rimbomba tra la finestra e il muro rosso di fronte, reclamando attenzione verso una nuova storia.
Fa che sia d'avventura, fa che finisca, almeno, con un sospiro di sollievo.








