giovedì 11 aprile 2013

Hilton

E' in questo periodo dell'anno che, più che in altri, sento la voglia di essere lontana: anonima, dimenticata, nuova. E l'avventura riparte sempre da una versione di sé sciacquata dal colore ecru e dalla nebbia umida di un angolo tropicale.
(Sono passati tre anni, dal 13 aprile del 2010)



Ho voglia di passare un po' di tempo in un grande albergo.
Uno di quei grandi alberghi anonimi, ma di discreto lusso. Lo immagino in una città coloniale decaduta, dove non ci sia nulla da fare se non guardare: afa che ti abbraccia uscendo dalla porta automatica, palme, stucco color pastello che cade dai cornicioni.
Oppure una grande città industriale, dove trovare al massimo un Hard Rock Café. A Detroit, per esempio. Chissà se a Detroit c'è un Hard Rock Café. Ma non ci andrei, cenerei in albergo, berrei qualcosa al bar. Potrebbe esserci qualcuno che suona, a volte c'è.
Osserverei i clienti da dietro il menu. Commessi viaggiatori che slacciano il nodo alla cravatta, una famiglia araba, un giornalista. Capirei che è un giornalista dalla mancanza della giacca. Dicono molto, le mancanze. "Ciò che non ho è ciò che non mi manca", cantava de André. Ciò che sono è ciò che mi manca, dico (posso?) io.
Le pareti sarebbero tappezate di specchi, per moltiplicare gli spazi, abbondare di immagini. Colore ecru ovunque, tranne che nelle divise dei camerieri: nero d'inverno, bordeaux per l'estate. Sprofonderei nella poltrona matelassé sotto la kinzia, leggendo un libro in una lingua che non conosco. Porterei sempre un foulard di seta al collo e mi sforzerei di non sedermi a gambe incrociate.
E poi in camera, tante ore. Passerei la notte a guardare fuori, a fare lunghi bagni, con la tv su una soap opera messicana senza volume. Potrei anche ordinare una cena in camera, per una volta, e alzare il coprivivande immaginando di trovare una pistola. Sarebbe il massimo per l'immaginazione. Un albergo è una tabula rasa in quattro dimensioni, e l'ecru si porta con tutto.
Sembro malinconica? Forse. Forse è per questo che torno. E non c'è miglior posto di un albergo da cui tornare.

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