Approvata in Uruguay una legge per il matrimonio gay.
In Arabia
Saudita ora le donne potranno andare in bicicletta (solo sul lungomare, si
intende, ma è comunque un progresso).
E in Italia.
In Italia niente. Qui abbiamo la politica e l’economia; e
già quelle non funzionano. Cercherò di essere responsabile, che è una parola di
moda ultimamente: la politica deve occuparsi principalmente dell’economia, del
lavoro, del sostegno alle imprese. E poi, certo, c’è da fare un po’ d’ordine
nelle casse dello stato (o almeno ricordarsi dove diavolo sono finite). Io
tutto questo lo capisco e mi va anche bene. Eppure ci sono dei momenti in cui
sento che ci stiamo perdendo la parte migliore, l’obiettivo ultimo di una buona
politica e, anche, di una buona economia: i diritti. Una parola per niente di
moda ultimamente (i privilegi, piuttosto, i favori)
Se vogliamo davvero
tornare a crescere, o smettere di morire, non possiamo non andare avanti a
lavorare su tutti quei temi che ci fanno amare uno stato, una civiltà: il
rispetto dei diritti delle minoranze, la libertà di stampa, la cura per l’ambiente,
l’investimento nella ricerca, l’educazione, la tutela del territorio e dell’arte,
la cultura di un’etica laica; le cose nuove, tutte, che permetteranno di essere buoni abitanti del mondo, più che competitivi attori del sistema
economico.
Mi sembra che si stia rovesciando la piramide dei bisogni:
diamo per scontata l’umanità, lo spirito, la gioia e ci concentriamo,
terrorizzati, sul resistere alle minacce alla nostra sopravvivenza. Abbiamo
fatto il Rinascimento, cos’è, non basta?
No, non siamo poi così bravi.
Paghiamo questa TARES, ma non smettiamo di pretendere l’opportunità
di essere uomini, e di sognare.


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