Certi temi ritornano. Era il 10 novembre del 2008. Il film successivo è stato Whatever Works.
Un po' avevo ragione anche io, Woody.
Per tutta la passeggiata di ritorno a casa dopo il film ho provato a spiegarmi questa sensazione strana che mi è rimasta addosso uscendo dal cinema.
Una specie di dissonanza cognitiva. O emotiva, forse.
Per farla breve, il film si conclude (e qui c'è un po' uno spoiler, ma non troppo... insomma, se non siete fissati del finale a sorpresa a tutti i costi... vabbe' fate un po' come volete ;-)), dicevo, si conclude in modo rassegnato. Tutti ottengono quel che volevano inizialmente, ma nessuno ottiene ciò di cui ha realmente bisogno. E, contenti o meno (in fondo chi può saperlo, chi può dirlo realmente), ci dimostrano solo che pianificando o, viceversa, ricercando in modo casuale l'inaspettato si finisce sempre e comunque al punto di partenza. Nessun modello è valido, in fin dei conti. E tutti lo sono, finché ci fanno sopravvivere.
Il punto è che sono uscita di ottimo umore. Contenta. Fiduciosa. Forse è che "come facciamo sbagliamo" e quindi tanto vale fare a modo nostro e cercare di prendere la vita con leggerezza. O forse è che la verità è bellezza, e la bellezza è verita.
Questo buonumore può essere tutto un effetto di un incanto estetico, formale?
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