Ieri sera ho fatto la mia prima lezione di yoga dopo il ritorno dalle vacanze. Non è stata troppo impegnativa e ho fatto uno dei miei migliori triconasana di sempre. Eppure c'era una metafora che mi girava per la testa impedendomi di godermi a fondo i risultati encomiabili della mia pratica. La metafora riguarda le palle, ambito nel quale - vuoi per similitudine di forma vuoi per più triviali ragioni - noi olive ci sentiamo particolarmente a nostro agio.
Ma veniamo al dunque. C'è questo amico mio - ha ancora un bel po' di capelli, sia inteso, stiamo solo imbastendo una metafora - che è una Palla da Biliardo. Le palle da biliardo fanno dei giri, si scontrano con altre palle, prima o poi finiscono in buca, ma fondamentalmente per la maggior parte del tempo rimbalzano tra le sponde. C'è energia, una sorta di forza virile nel loro movimento.
L'ambiente è affascinante, i rimbalzi danno alla testa e in ogni caso non è che possa succederti niente di male lì, nel tuo tavolo da biliardo.
Però devi essere disposto a lasciarti disorientare dai rimbalzi e devi essere conscio del fatto che ti trovi su quel tavolo e che se resti palla da biliardo da quel tavolo non ti muoverai mai.
Ecco quel che provavo a dire al mio amico Palla da Biliardo: hey, va bene PdB, sei quel che sei e, almeno per me, va benone così; però devi anche sapere quel che sei. Solo se accetti di essere palla in un tavolo da biliardo puoi godere davvero dei rimbalzi.
Quanto a me, quando - più o meno venti minuti fa - ho capito di essere un'insignificante comparsa di Io Chiara e lo Scuro, ho deciso di lanciarmi in buca e cominciare una nuova carriera da Biglia da Spiaggia. Essere biglia ha diversi vantaggi, tra cui quello di esprimersi al meglio in un contesto salubre e preferibilmente marino. E poi le biglie non schizzano isteriche qua e là, le biglie vanno. Magari a quel paese, però si muovono. E anche quando capitano i momenti di fiacca, hanno la serena sicurezza che prima o poi arriverà uno schiocco di dita, un sedere trascinato sulla spiaggia a formare per loro un nuovo percorso.
È questo il vero succo del discorso. È che nel gioco del biliardo, il campo è delimitato e sì, si possono prendere infinite direzioni, ma da quel recinto no, non si esce. Il movimento crea l'illusione, ma il limite d'azione genera la gabbia. La verità banale è che quando siamo palle da biliardo, ci nutriamo di una libertà, che è tale solo perché restringiamo il campo delle scelte a quel contesto che ci sentiamo di poter controllare.
E se siamo biglie in balia del culo di un settenne cambia forse qualcosa? Anche da biglie abbiamo un campo ristretto, una prospettiva limitata, ma visto che i limiti non siamo noi stessi a imporli, in quel moto eterodiretto possiamo godere dell'avventura di un percorso inaspettato, della varietà di un panorama sempre nuovo. E, certo, aspettare che qualcuno si inventi le Palle a Moto Autonomo e Perpetuo.
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