martedì 14 ottobre 2014

A volte è il caso.


A volte è il caso. A volte è la pazienza.

Una volta mi sono innamorata di un uomo che scendeva da un taxi: non parlava la mia lingua, ma portava un bellissimo cappotto blu. Aspettavo un'amica fuori da un bar, si congelava, ma non volevo entrare perché c'era un altro bar di fianco e non ricordavo bene in quale, dei due, avessimo alla fine deciso di incontrarci. Lui era in ritardo per un appuntamento perché gli si era rovesciata una bottiglia di profumo nella valigetta. L'aveva comprata per la moglie che stava per lasciare.
Si perde molto prima l'amore dell'abitudine.

Un'altra volta erano dieci anni. Conoscevo ogni centimetro delle sue paranoie, anche se non avevo mai sbirciato nel suo armadio e non aveva trucchi da prestarmi. Parlavamo di filosofia e amore e ricette per il welfare. Non mi piaceva, non mi piaceva per niente. Un giorno eravamo in un negozio: si metteva maglioni orrendi e non potevo permettere che uscisse, conciato così, con la più bella del corso. Ma con la più bella, si scoprì più tardi, non ci doveva proprio uscire e il suo maglione peggiore era caldissimo e il suo caffè a letto, il giorno dopo, il più dolce che avessi mai assaggiato.
Un'abitudine, quando la perdi, lascia uno spazio che non potevi immaginare.

Ecco, non so perché mi tornano in mente queste storie. Però è qualche giorno che penso che va bene il caso, ma a volte una cosa, se non è il caso che la porta, magari è la pazienza che la sta preparando.




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