- Con questo caldo anche il microonde scalda l’ambiente domestico, quindi sei autorizzato a cenare con cinque fior di fragola senza sentirti in colpa.
- L’ondata di caldo ti obbliga a stare chiuso in casa (ufficio, centro commerciale, multiplex) di giorno e uscire di notte; così puoi scoprire un sacco di cose, tipo la storia di Vasilica e Oreste.
- Se sei una donna, ti puoi vestire come se andassi all’Aquafun, anche se sei diretta all’ufficio postale di via Sassetti.
- Se sei un uomo, no.
- Puoi fingere di essere un avventuriere in missione nel Sud Est Asiatico: il clima è quello, solo un po’ più umido.
- Con questo caldo il cielo è un opale chiaro che trasforma in miraggio morbido i palazzi di clinker, il cemento. E tu non puoi che guardarli, abbracciato a una luna molle, e amare tutto. Perché con l’ondata di caldo ci si concede l’esitazione, ci si permette di fondersi, tremare, sovrapporsi, dimenticare.
venerdì 26 luglio 2013
Sei buoni motivi più uno per amare il caldo a Milano
Ieri, camminando per la città, ho fatto un elenco dei motivi per cui l’ondata di caldo a Milano è bella:
venerdì 19 luglio 2013
La condizione dell'anatra
In questo giorno caldo e barboso, riprendo un post sconclusionato ma saggio, da leggere con indefessa attenzione, del dicembre 2010.
Siamo anatre o usignoli?
Siamo anatre o usignoli?
Quando leggi Internazionale, anche la situazione politica del Madagascar improvvisamente sembra importarti davvero. Poi non sempre riesci a leggere tutto. Ma spesso - come un silenzio impone il suo significato più di tanti discorsi - è proprio quel che non leggi a colpirti di più. Così, da un articolo che non ho letto, ho iniziato una serie di riflessioni.
La prima è una meta riflessione. Perché diamine non ho letto questo articolo, se le tre righe in grassetto a commento della foto in terza pagina mi hanno colpito così tanto?
La seconda è una risposta. Credo abbia a che fare con l'abitudine a internet. Attenzione ipertestuale: trovi una cosa interessante e la segui. Sta plasmando il modo di leggere, pensare, scrivere. Sono certa che ci siano studi al riguardo. Ora lo Googlo.
Per la terza aspetto qualche ora, nel frattempo faccio la ricerca, vinco per 6 a 5 a calcionelcorridoio e penso (senza successo) al regalo di Natale per l'amico che ha tutto.
La terza è: siamo anatre o usignoli? La frase che mi ha colpito dice, parafraso, che l'anatra nuota, vola e canta, ma non nuota come un delfino, non vola come un'aquila né canta come un usignolo. C'è chi è felice di essere un'anatra, sa fare tutto pur non brillando in nulla e chi, invece, è felice di essere un usignolo.
Il punto è che questo è un mondo per anatre. Le anatre si arrabattano. Sanno di non essere speciali in nulla, ma nulla sfugge loro: pescano, urlano, si nascondono tra i cespugli, controllano la mail, recitano a progetto. Si salvano anche alcuni usignoli fortunati che, catturati in gabbie dorate, sono liberi di passare la vita a cantare.
La maggior parte di loro, invece, canta a stento nel sottobosco e finisce in casseruola. Poi, certo, anche le anatre finiscono in casseruola. E i delfini nelle scatolette di tonno. E le aquile? Loro volano da un albero all'altro, regali controllano il territorio.
Sai che barba.
Mi sono dimenticata la quinta riflessione.
martedì 16 luglio 2013
Per nessuno.
Mio caro Jim,
vorrei dirti la verità, ora che è un tempo vuoto, dimenticato anche dai tuoi libri, dai ricordi.
Vuoi ascoltare questa canzone? Mi bracca da quando ancora non esisteva; correvamo insieme giù per le scale, lei era con noi: due note più su, un'ottava più in basso, non importa.
Caro Jim, non avrei voluto combinare tutti questi guai. Una volta mi hai chiesto perché ho preferito lui. Non ti ho risposto, ho solo dato un calcio a un sacchetto di cartone vuoto che ha fatto un giro molle e poi è subito tornato sul selciato. Sono stati così tutti i miei tentativi di dirti la verità: calci distratti che non vincevano l'aria e ritornavano, fiacchi, sulla terra.
La verità è che prefivo te, immensamente. Ti preferivo di un desiderio così forte che mi faceva piangere.Ti preferivo quando sono salita sul treno con lui, quando stavi zitto, quando mi facevi il solletico, quando tornavi. Sempre, ti preferivo sempre: il mio cuore trasaliva solo a immaginare la gioia di averti con me.
Hai ascoltato la canzone? Non ho preso il treno con te quella notte perché tu non c'eri.
Tua sempre
Catherine

Leggi il racconto ascoltando Good for no one, di Herman Dune
vorrei dirti la verità, ora che è un tempo vuoto, dimenticato anche dai tuoi libri, dai ricordi.
Vuoi ascoltare questa canzone? Mi bracca da quando ancora non esisteva; correvamo insieme giù per le scale, lei era con noi: due note più su, un'ottava più in basso, non importa.
Caro Jim, non avrei voluto combinare tutti questi guai. Una volta mi hai chiesto perché ho preferito lui. Non ti ho risposto, ho solo dato un calcio a un sacchetto di cartone vuoto che ha fatto un giro molle e poi è subito tornato sul selciato. Sono stati così tutti i miei tentativi di dirti la verità: calci distratti che non vincevano l'aria e ritornavano, fiacchi, sulla terra.
La verità è che prefivo te, immensamente. Ti preferivo di un desiderio così forte che mi faceva piangere.Ti preferivo quando sono salita sul treno con lui, quando stavi zitto, quando mi facevi il solletico, quando tornavi. Sempre, ti preferivo sempre: il mio cuore trasaliva solo a immaginare la gioia di averti con me.
Hai ascoltato la canzone? Non ho preso il treno con te quella notte perché tu non c'eri.
Tua sempre
Catherine

Leggi il racconto ascoltando Good for no one, di Herman Dune
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giovedì 11 luglio 2013
Le kilojoule del male
Questo è recente. Uno degli ultimi. Forse si vede?
Era il 28 gennaio 2012.
Era il 28 gennaio 2012.
C'è di sicuro uno studio di un'università di un posto che nessuno ha mai sentito nominare, in Texas o Nuova Zelanda, che dimostra che i muscoli del viso si affaticano il 37% in più per un broncio che per un sorriso.
Lo studio sarà stato condotto su un campione di mucche da latte, ma a nessuno nella redazione di Marie Claire importerà molto.
A loro interesserà il postulato secondo cui, per fare il broncio si spendono mediamente 16 calorie in più che per un sorriso. Solo dieci bronci e puoi mangiarti un Kinder Bueno.
Ma a me interessa per un altro motivo. Quanta fatica ci costa essere infelici?
Dal broncio alla guerra, il male ha sempre avuto un prezzo più alto del bene. Quanto siamo sciocchi a non accorgercene. Quanto è sciocco non ridere, non amare.
lunedì 8 luglio 2013
Il senso degli altri
Bisogna ascoltare Paolo Fox, o Papa Francesco. Si dovrebbe dare retta agli altri. Tendenzialmente, loro hanno sempre ragione.
Gli altri non stanno lì a pensare con la tua testa, non vedono con i tuoi occhi, non sentono i brividi che senti, tu stesso, lungo la schiena o dietro alle cosce.
Gli altri non commetteranno mai i tuoi sbagli.
Ed è molto più facile liberarsi degli sbagli degli altri che dei propri.
Gli altri non stanno lì a pensare con la tua testa, non vedono con i tuoi occhi, non sentono i brividi che senti, tu stesso, lungo la schiena o dietro alle cosce.
Gli altri non commetteranno mai i tuoi sbagli.
Ed è molto più facile liberarsi degli sbagli degli altri che dei propri.
giovedì 4 luglio 2013
Il dodici del mese
Usciamo dalla Galleria, tu mangi il gelato, io ti guardo da sotto il tuo braccio: la camicia bianca un po’ appiccicata, una macchia di cioccolato, un baffo. Il caldo sale dal selciato. Te lo tolgo con un dito e la prossima volta, giuro, sarà con un bacio.
Poi ci sono gli altri.
C’è il signore con il loden che tiene un cagnolino piccolo a un guinzaglio lungo, la donna sui tacchi che si chiude nella sciarpa fatta a mano, un tram verde, lontano, da cui è scesa una scolaresca che cammina ordinata verso l’entrata della chiesa. C'è un vigile seduto sui gradini e dico forse non potrebbe e tu dici forse è in pausa, guarda come fissa il cartellone del Martini, la mortadella.
Mi hai regalato dei sandali piatti, l’altro giorno, per la festa del tuo compleanno. Sono comodi e sono comunque più alta di loro, di tutti. Tu sei un gigante che ride e indica un’insegna colorata. Poi sentiamo un botto, il cane abbaia, il vigile corre, i bambini nella chiesa non fanno nulla. E noi siamo gli unici che non sentono freddo, guardando verso piazza Fontana.
Poi ci sono gli altri.
C’è il signore con il loden che tiene un cagnolino piccolo a un guinzaglio lungo, la donna sui tacchi che si chiude nella sciarpa fatta a mano, un tram verde, lontano, da cui è scesa una scolaresca che cammina ordinata verso l’entrata della chiesa. C'è un vigile seduto sui gradini e dico forse non potrebbe e tu dici forse è in pausa, guarda come fissa il cartellone del Martini, la mortadella.
Mi hai regalato dei sandali piatti, l’altro giorno, per la festa del tuo compleanno. Sono comodi e sono comunque più alta di loro, di tutti. Tu sei un gigante che ride e indica un’insegna colorata. Poi sentiamo un botto, il cane abbaia, il vigile corre, i bambini nella chiesa non fanno nulla. E noi siamo gli unici che non sentono freddo, guardando verso piazza Fontana.
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