venerdì 1 febbraio 2013

Breve sogno

Leggi il racconto ascoltando Breve Sogno di Fabio Concato

Ho guardato Ringo negli occhi e c’era dentro il tuo riflesso. Disegno un albero con un legnetto sulla sabbia bagnata: la marea è bassa, sembra di toccare le nuvole, sembra possibile abbracciare lo scoglio più lontano.
È arrivato il suo gabbiano: l’ho chiamato Livingston, mi piace pensare che sia sempre lo stesso, mi piace l’idea di due esseri diversi e confusi che sanno riconoscersi nonostante tutto, e volare insieme. Ha volteggiato un po’ e poi si è messo a camminare, segnetti piccoli sulla sabbia, un po’ lontani dal mio albero. Ringo è rimasto in disparte a guardarlo; forse si è sentito come alla prima del lago dei Cigni, ma senza la vergogna di non avere la cravatta.
Io mi sento come un guardone innamorato che non trova il coraggio di uscire dal cespuglio.

Un bambino mi distrae, si butta in acqua correndo, mi fa venire voglia di togliermi i vestiti e seguirlo. Controllo Ringo, ultimamente si è messo in testa di venire a cercarti: corre forte, prende la rincorsa e lascia che Livingston gli tracci la strada. Io lo lascio andare, distolgo lo sguardo per non farlo cadere e aspetto che torni. Torna sempre, sporco di sale e di nuvole; mi fa ascoltare il tuo odore, mi accarezza con le tue mani, leccandomi con quella stessa linguaccia che fino a un mese fa non riuscivo a sopportare.
Come si cambia.

Ringo sembra stanco di volare. Mi sta guardando da lontano, forse glielo hai chiesto tu.
Lascia Livingston a dondolarsi su un’onda morbida e torna da me. Pasticcia il mio albero a zampate per mettermi la sua testa morbida sulla pancia, tra le cosce. Ora so che gliel’hai chiesto tu.
Tiro su i pantaloni più che posso e tolgo la felpa. Ci buttiamo insieme nell’acqua fredda. Il bambino è già tornato dalla madre. No, deve essere la nonna: è un po’ curva e ha un rossetto scuro su una faccia che sembra dire “Ti auguro di non voler mai bene a nessuno quanto ne voglio io a te”.
L’acqua fredda mi punge e mi spinge un po’ in basso inzuppando i pantaloni, ma non mi importa: basta solo mettere un po’ più di forza nelle gambe, basta aggrapparsi alle orecchie di Ringo e respirare. La nonna richiama il bambino; non li vedo, forse lui sta correndo sulla spiaggia e butta sabbia sui vestiti delle ragazze sedute sulla coperta.
Mi allontano ancora un po’ muovendomi come una rana rovesciata. Nel cielo una nuvola ha la tua faccia. La accarezzo con le dita nell’aria e sento l’acqua salata entrarmi tra le pieghe del sorriso; immagino sia un’ostrica buona, immagino che sia vino leggero e propongo un brindisi a Ringo: “A lui”.

Livingston ci passa sopra la testa con un urletto e dalla spiaggia gli risponde la tua voce. Ringo la sente prima di me, mi lascia affondare un istante, ma mi accorgo di toccare e correndo lo raggiungo mentre tu già inizi ad accarezzarlo.

“Sei tutta bagnata”.

“Sei tornato”.

“E’ solo che volevo lasciarti provare”.

“Ti amo”.

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