Ti ho promesso un'altra lettera, giorni fa: erano i tuoi giorni, quando il primo freddo sembra cedere a un'estate improvvisa. Ci illudiamo così in queste estati di San Martino: slacciamo i primi bottoni della giacca, ci guardiamo sorridere nelle pozzanghere quasi asciutte, coi piedi caldi e le mani che si incrociano nelle tasche a sperare che non passi.
E' stata la stessa cosa per Lui. Era la stagione che andava per la sua strada senza chiedere nulla, governata dalla forza di pianeti lontani. Potevo aspettarmi qualcosa di diverso? Era tutto pronto, le calze pesanti, un maglione caldo, la quieta sicurezza della pelle nascosta sotto strati di affezionate consuetudini, di sacrifici diventati dolci, parole di marmellata a coprire il desiderio.
E' successo tutto in un giorno. Il calendario della città di Milano copriva a metà la faccia del venditore di souvenir: stava ignorando un piccolo uomo asiatico e io aspettavo Lui contando i giorni come un mantra, con il fumo delle caldarroste che mi arrossava gli occhi e i capelli che si appiccicavano tra il collo e la sciarpa.
"Caldo, eh?'" mi ha detto arrivando da dietro, senza salutarmi; portava una maglietta con le maniche corte, il maglione di lana al collo come sciarpa.
"Chi se l'aspettava".
"E' questo il bello" guardandomi come se non si stesse riferendo solo al tempo.
"Sei in ritardo".
"Fatti abbracciare".
Mi sono aggrappata alle sue braccia infilate sotto la mia giacca aperta, inutile, come ci si aggrappa a un raggio di sole ritardatario a metà dell'autunno. Ho iniziato a respirare dal suo petto mentre mi baciava la testa e quando l'aria è finita ce la siamo divisa succhiandola l'uno dalle labbra dell'altra. Come se non avessimo mai fatto altro, come se non esistesse altro modo. Abbiamo dimenticato le stagioni, la sveglia, le code agli sportelli, la folla nella metro. I telefoni hanno smesso di suonare, a un certo punto, ma il sole continuava a sorgere e noi ridevamo, ignorandolo.
E poi lo sai come è andata a finire: mi sono dimenticata di scriverti. Siamo rimasti per giorni senza aprire gli occhi, mangiando uva e speck dalle buste, finché è iniziata la pioggia.
E adesso torno da te, ti saluto dall'ombrello, quasi calma, quasi felice. Ho indossato un piumino per attutire l'impatto con il mondo, non si può lottare in eterno.
Scrivimi presto.
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